POLITICA

PRIMARIE PD 3 MARZO-La mozione di Maurizio Martina: per un PD al servizio del paese e di tutti i riformisti

La sconfitta ci ha insegnato innanzitutto che per attuare politiche veramente riformiste occorre maggiore condivisione e confronto nel merito, senza paura di rispondere al bisogno di cambiamento. (di Marcello Moretti e Giordano Colli)

Il PD vive un momento difficile, così come tutte le forze progressiste e riformiste nel mondo. Per orientarsi in questa fase, riteniamo che sia importante cercare di andare oltre ai personalismi dei leader, con i loro pregi e difetti (una tentazione diffusa ma divisiva) per concentrarsi sui contenuti.

Come Partito Democratico abbiamo avuto l’onore e l’onere di contribuire a governare il paese in questi anni di crisi economica, sociale ed anche morale. Questa esperienza concreta ci caratterizza. Valorizziamo quindi i suoi pregi e correggiamone i limiti, per ripresentarci agli italiani con chiare idee riformiste e con la volontà di tenere insieme il paese in tutte le sue componenti sociali. Pensiamo di aver fatto scelte importanti e utili per il paese in materia economica, di diritti civili, di politica estera e sociale, di educazione e di sicurezza.

Per tutelare prima di tutto la sicurezza del Paese, abbiamo contrastato la tendenza di alcuni paesi europei ad intervenire militarmente nel Nord Africa, aggravandone l’instabilità; abbiamo sostenuto la ripresa dell’economia con forti interventi pubblici; abbiamo affrontato temi civili ed etici bloccati da secoli, come il fine vita e le unioni civili; abbiamo rimesso la scuola al centro del dibattito pubblico, cercando di valorizzare le tante professionalità in essa presenti e finanziando la riqualificazione delle strutture; abbiamo attivato politiche di redistribuzione della ricchezza, come il reddito di inclusione, la detassazione della casa; abbiamo sostenuto l’inserimento lavorativo di tanti giovani ed abbiamo abbassato il costo del lavoro per le imprese e per i lavoratori; abbiamo affrontato il tema dell’immigrazione gestendo chi arrivava in Italia, ma soprattutto riducendo i flussi attraverso accordi con i paesi di provenienza. Sottolineare queste cose non significa negare i limiti di tali azioni e quindi il dissenso che hanno provocato, ma interrogarsi su come queste proposte andassero meglio motivate o in cosa correggere il tiro.

Sicuramente il primo elemento da tenere in considerazione è quello che molte importanti riforme attuate contemporaneamente, attraverso un Parlamento privo di una maggioranza solida, rischiano di impantanarsi di fronte ai conflitti sociali o alla difesa di interessi di parte, cosa che è puntualmente successa. Inoltre è sembrato a volte che il riformismo radicale, di cui c’era e c’è bisogno, fosse accompagnato da un senso di sfida verso chi contestava quelle riforme, tanto da mettere troppe volte in ombra il merito. Infine la personalizzazione di alcune giustissime battaglie politiche, come quella del referendum sulla riforma costituzionale, hanno finito per cementare fra loro tutte le forme di dissenso, creando purtroppo una delle premesse per una pesante sconfitta alla consultazione referendaria.

Da un lato quindi ci sono politiche dai contenuti validi e dall’altro occorre un maggiore dialogo e soprattutto una maggiore incisività su alcuni temi, come ad esempio la sicurezza, la certezza della pena, una maggiore prossimità dell’Europa. Dalla sconfitta abbiamo quindi capito innanzitutto che per far comprendere e condividere politiche di forte cambiamento non basta fare le riforme per gli italiani ma bisogna farle con gli italiani.

Per questo il PD, secondo Maurizio Martina, deve “costruire l’alternativa alle forze nazional-populiste”, partendo dalla promozione di un “governo ombra, aperto alla società”, che su ogni questione faccia valutazioni e proposte concrete. Un’azione politica che si dovrà accompagnare a una “costituente di tutti i democratici e i riformisti italiani” affinché il partito sia la leva per formare i ‘democratici’.

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