PRIMO PIANOTERRITORIO ECONOMIA E LAVORO

Unielectric cessa l’attività dopo una storia durata 50 anni

L’azienda del Bellarosa che produceva motori elettrici ed era arrivata ad avere nei tempi d’oro 212 dipendenti. La proprietà ha deciso di trasferire la produzione in Ungheria. Firmato l’accordo per la cassa integrazione straordinaria che riguarda i 74 lavoratori rimasti

(di Sveno Ferri)

Dopo 50 anni d’attività ha chiuso i battenti la Unielectric, azienda del Bellarosa produttrice di motori elettrici. Era nata nel 1969 come RMR, dalle iniziali dei cognomi dei tre soci fondatori: Stefano Rocchi, Adolfo Marubi e Paolo Ruggeri che avevano in comune storie di emigrazione ed esperienze di lavoro in Svizzera.

Tutto ebbe inizio da una vacanza di Adolfo Marubi, giovane neodiplomato, che si recò in Svizzera presso parenti per trascorrere le festività natalizie del 1963. In un circolo frequentato da immigrati italiani conobbe un romagnolo che da anni viveva lì, che gli propose di fare un colloquio presso l’azienda nella quale lavorava. Si trattava di un’importante fabbrica che produceva motori elettrici di grandi dimensioni e riforniva la Marina e l’Esercito svizzeri. Marubi accettò e fu assunto. Da quel momento cominciò per lui un percorso lavorativo di crescita professionale, con ruoli di responsabilità e gestione di persone e progetti produttivi. In quella realtà incontrò Paolo Ruggeri, persona schiva di poche parole ma di grandi qualità tecniche, che si aggirava tra le linee di produzione alla continua ricerca di soluzioni per il miglioramento del processo produttivo e della qualità del prodotto. I due, uno emiliano di Caprara, l’altro pugliese di Martina Franca, divennero amici, condivisero scelte, diventarono inseparabili compagni di tante esperienze.

Quando decisero entrambi di ritornare in Italia, ognuno dei due intendeva prendere la propria strada: Marubi a Caprara e Ruggeri a Torino. Prima di quella scelta che li avrebbe separati, Marubi invitò l’amico a casa sua per valutare l’ipotesi di continuare a lavorare assieme. Ruggeri fu colpito per l’accoglienza e la condivisione di valori e propositi, tanto da accettare la proposta di Marubi.

Nascita e sviluppo dell’azienda

Proprio in quegli anni a Sant’Ilario stava crescendo il Villaggio Bellarosa, dove le aziende nascevano come funghi; importante fu il loro incontro con l’allora Sindaco Lelio Poletti, che li aiutò in tutti i modi possibili affinché potessero realizzare il capannone e le annesse residenze. Nella società entrò anche Rocchi che, rientrato dalla Svizzera, lavorava alla Ceramica Sant’Ilario.

L’idea era quella di riparare i motori elettrici, ma l’incontro con Carlo Bergamaschi, direttore di un’azienda di Casalmaggiore che i motori elettrici li produceva, ebbe un ruolo decisivo nel mettere a punto il tipo di attività aziendale da sviluppare: egli propose loro di produrre motori elettrici fornendo alla nuova società materiale e macchinari in conto lavoro.

Il 25 luglio del 1969 ebbe inizio la produzione che inizialmente impegnò i tre soci e i loro famigliari, poi cominciarono le prime assunzioni. Nel 1974 si realizzò un primo ampliamento dello stabilimento, seguito da un secondo, e l’azienda continuò a crescere sino ad occupare 80 persone. Nel 1994 ci fu l’incontro con Fulvio Montipò dell’Interpump, con la nascita dell’Unielectric che nel 1996 si trasferì nel nuovo stabilimento in via Edison, sempre al Bellarosa. Continuò lo sviluppo aziendale e la Unielectric diventò tra le prime in ambito europeo, arrivando ad occupare 212 addetti e a produrre 20.000 motori al giorno. La sua forza era rappresentata dalla capacità di innovare il processo e il prodotto, di produrre motori per diversi settori, di personalizzare il prodotto per i numerosi clienti, tanto da arrivare a produrre non solo per il mercato europeo, ma anche per quello cinese, del Sud America e dell’Australia. Per fare fronte alla concorrenza cinese e al crescente prezzo del rame, venne sviluppato, in collaborazione con  l’Università di Padova un progetto per la produzione di motori elettrici con filo d’alluminio, con riduzione dei costi e di peso del prodotto.

La crisi e la vendita

Con l’esplodere della crisi economica, accompagnata dalla crescente concorrenza di prodotti provenienti dalla Cina e da paesi con un costo del lavoro più basso, l’azienda è costretta a far ricorso alla cassa integrazione nel 2009 e in seguito è tra le prime ad attivare i contratti di solidarietà.

Perdurando la crisi e viste le crescenti incertezze di mercato, l’Unielectrit viene ceduta nel 2011 alla Orange1 dell’ imprenditore veneto Donazzan, un’azienda concorrente interessata ad acquisirne i clienti e la tecnologia dei motori in alluminio. La nuova proprietà adotta un approccio diverso, con poco propensione a fare innovazione e investimenti e più marcata preferenza per i prodotti di basso costo, che già produce nei paesi dell’Est Europa.

Negli ultimi anni la crisi e la crescente quota di prodotti a costi più bassi provenienti da altri paesi, portano ad un calo dei volumi produttivi, con ripetuti ricorsi alla cassa integrazione, e periodi in cui i lavoratori accettano di lavorare sei ore al giorno anziché otto, con conseguente riduzione di salario.

La chiusura e l’accordo per la cassa integrazione straordinaria

All’inizio del 2019 le difficoltà si aggravano, tanto che in marzo viene sottoscritto un accordo di cassa integrazione straordinaria per crisi aziendale della durata di un anno. Nei mesi successivi l’azienda comunica che non vi sono più le condizioni per garantire la continuità produttiva; nel frattempo 3 impiegati e 5 operai sono trasferiti in un’azienda del gruppo, la Elprom di Parma, ed inizia lo smobilizzo di macchine i impianti che vengono trasferiti in Ungheria.

Contestualmente si avvia un difficile confronto tra le parti, attraverso diversi incontri sindacali e assemblee dei lavoratori, e si arriva finalmente alla definizione di un accordo che per il ricorso alla cassa integrazione guadagni straordinaria per cessazione dell’attività, con il successivo licenziamento collettivo dei lavoratori e la definizione di una buona uscita e di un incentivo all’esodo per gli occupati. L’attività cessa lo scorso 31 ottobre, con collocazione dal 1° novembre dei 74 dipendenti in cassa integrazione straordinaria per un anno.

Per l’attivazione della cassa integrazione straordinaria per cessazione di attività era stato in precedenza sottoscritto il 9 ottobre l’accordo presso il Ministero del Lavoro, tra l’azienda, l’Agenzia Regionale per il Lavoro, le organizzazioni sindacali e la rappresentanza sindacale aziendale; l’Unielectric per legge concorrerà al pagamento della stessa. In novembre il Ministero ha emesso il decreto di approvazione della Cassa Integrazione e l’INPS inizierà a pagare l’indennità nell’arco di 3 a 6 mesi. Ora sindacato e rappresentanza sindacale sono impegnati nel definire con le banche un accordo per l’anticipazione di detta indennità. Trascorso l’anno di cassa integrazione i lavoratori saranno licenziati e avranno diritto al trattamento di disoccupazione (NASPI) per la durata di massimo due anni.

La ricollocazione delle lavoratrici

I dipendenti davanti ai cancelli dell’azienda

Con la chiusura dell’Unielectric viene a mancare una delle aziende con occupazione prevalentemente femminile; infatti dei 74 lavoratori posti in cassa integrazione 72 sono donne, nessuna delle quali al termine dei tre anni di utilizzo degli ammortizzatori sociali avrà raggiunto il diritto alla pensione.
La loro ricollocazione in un nuovo posto di lavoro, visti i profili professionali e l’età anagrafica, non sarà facile, tanto da richiedere a questo scopo l’impegno e la disponibilità di diversi soggetti; in particolare si confida nella disponibilità dell’imprenditoria locale, che potrà valutare l’opportunità di assumere tali lavoratrici usufruendo degli strumenti per le politiche attive per il lavoro. Dei 74 lavoratori e lavoratrici posti in cassa integrazione, 30 si sono iscritti all’Agenzia Nazionale per il Lavoro (ANPAL) e potranno durante il periodo di cassa integrazione ricorrere all’assegno di ricollocazione con sgravi fiscali e contributivi per favorirne la collocazione in una nuova azienda. I restanti 44 hanno preferito iscriversi alle liste di collocamento  e potranno usufruire dei servizi offerti dalle Agenzie del Lavoro e dai Centri per l’Impiego competenti, che metteranno a disposizione i loro servizi, li supporteranno nella presentazione e ricerca del lavoro, li affiancheranno nell’orientamento individuale e potranno offrire loro la possibilità di partecipare a corsi di aggiornamento e formazione professionale.

Il quadro non può non destare molta preoccupazione; il Sindaco Carlo Perucchetti, avuta la notizia della chiusura di Unielectric, ha espresso la sua contrarietà per il comportamento dell’azienda, amarezza per la mancanza di comunicazione e informazioni da parte della stessa, rammarico e massima vicinanza ai lavoratori e alle loro famiglie.

Il Sindaco ha quindi chiesto e ottenuto un incontro con la Fiom-Cgil per fare il punto con il sindacato sulla situazione che si è venuta a creare. Anche il Consiglio Comunale nella seduta del 28 novembre ha discusso dell’argomento ed esprimendo piena solidarietà ai lavoratori dell’Unielectric.

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