QUANDO ARRIVAVA L’INVERNO A S.ILARIO
Come i bambini e gli adulti affrontavano i mesi più freddi dell’anno cercando di sopravvivere
Nei tempi andati, ancora più di oggi, le reazioni all’arrivo dell’inverno erano molto diverse a seconda che si trattasse di bambini o di adulti, come traspare dai ricordi di Pietro Bigi pubblicati sul Gazzettino Santilariese. I grandi dovevano arrabattarsi in ogni modo per superare i mesi freddi cercando di guadagnare qualcosa, mentre i bambini sebbene spesso vestiti con zoccoli e pantaloni corti aspettano con ansia lo spettacolo delle abbondanti nevicate.
“Quando ero bambino abitavo alla Rampata, in prossimità dell’inverno mia nonna Lucia nelle sue preghiere chiedeva al buon Dio di risparmiarci da un inverno rigido: la legna era scarsa e gli zoccoli erano rosi dal tempo. Noi bambini aspettavamo la neve con una gioia inconfondibile, non solo per fare le pallate di neve o scivolare sul ghiaccio dell’Enza, ma anche perché ci offriva uno spettacolo d’incanto. Da Montecchio si dava avvio allo spartineve per S.Ilario, trainato da trenta cavalli circa con i carrettieri in pompa magna che schioccando la frusta, cadenzavano il passo dei cavalli e accatastavano sui lati della strada immensi cumuli di neve, dove noi piccoli facevamo gallerie e pupazzi. Per i bambini non vi era cosa più bella di una nevicata benché fossimo vestiti di cenci e senza scarpe; per fortuna gli zoccoli costavano poco e i piedi stavano un po’ al caldo. Fortunati i muratori come Arvallo, Pilèin, al Joìn, Blùm, Coldèin, al Cravèt ecc. che sgombravano i tetti e prendevano di più per il pericolo e poi, di comune accordo, rompevano tegole e coppi perpoter lavorare di più. I carrettieri di S.Ilario sgombravano la Via Emilia dalla neve partendo dal Ponte d’Enza fino alla Gaida, oltre alle strade comunali”.
Anche quelli che venivano chiamati a spalare la neve lungo la ferrovia erano dei privilegiati; perché fossero assunti erano necessari almeno 15 centimetri di neve ma spesso “il sorvegliante Colla chiudeva un occhio e gli spalatori gli erano riconoscenti per aver potuto lavorare qualche giorno in più”.
Sebbene si ricordino altri inverni rigidi e molto nevosi, la memoria di Pietro Bigi torna poi a uno dei più terribili che si ricordino in zona a memoria d’uomo. Quell’anno fu caratterizzato da lunghe e abbondanti nevicate e da temperature che di sovente superavano i 20° sottozero. Queste condizioni atmosferiche proibitive creavano gravi sofferenze alle famiglie più povere che spesso abitavano in catapecchie in cui a malapena si riscaldava una stanza alla meno peggio.
“Nell’inverno del ’29 a S.Ilario nevicò a tratti per quaranta giorni con temperature molto rigide, tanto che al mattino le siepi, le reti metalliche e i cancelli sembravano delle paratie di ghiaccio; le piante di notte si spaccavano dal gelo. Ai lati della via Emilia vi erano cataste di neve alte 4 metri e i carrettieri vi transitavano come in un tunnel”.
Tornano alla memoria altri inverni drammatici, come quello del 1944 in cui, alle condizioni metereologiche avverse si aggiunsero anche la povertà e l’insicurezza causate dalla guerra e dall’occupazione nazifascista. Il freddo e le nevicate di quell’anno vengono infatti ricordate nelle memorie dei partigiani che vissero i lunghi mesi invernali alla macchia, braccati dall’esercito nemico. Per comprendere le condizioni di vita della gente comune in quell’anno gelido attingiamo dai ricordi di Guido Mazzali che all’epoca era uno dei numerosi bambini della Mura.
“Quell’anno l’inverno fu tremendo e di giorno e di notte quel freddo lo sentivi su tutto il corpo e soprattutto sui piedi, dove spesso venivano i geloni. Che dolore facevano quando si camminava con addosso gli zoccoli di legno fatti in casa da mio padre. Molti in quei mesi di guerra si erano messi a fare gli zoccoli in casa e per noi poveri diseredati le scarpe di cuoio erano un sogno. Nemmeno nelle nostre case c’era caldo perché spesso mancava la legna e i vetri alle finestre erano rotti a causa dei bombardamenti americani”.
di Giorgio Casamatti