PRIMO PIANOSANT'ILARIO COM'ERA

Le origini della Cooperazione santilariese: quando l’unione fa la forza

(di Giorgio Casamatti)

Un secolo fa (febbraio 1921) un gruppo di facinorosi fascisti dopo un lungo assedio riuscì a devastare e incendiare la cooperativa di consumo  di S.Ilario che costituiva  punto di riferimento per i lavoratori e l’intera cittadinanza. Nel decennio successivo, anche a causa delle continue vessazioni del regime e dell’inasprirsi della seconda guerra mondiale la cooperativa venne addirittura  chiusa . Molti, tra  i lavoratori ,  dopo aver appreso il mestiere, aprirono nuove attività imprenditoriali, come il gruppo della segheria di cui

Si tratta di una delle prime immagini della sede della cooperativa santilariese . Dalle iscrizioni sulla facciata si nota come l’edificio fosse diviso in due settori: da una parte il negozio e dall’altra l’osteria con annessa cucina.

facevano parte  Ghidotti Vezio “Pippo”, Ciro Fanti “Bala”, Primo Spaggiari “Ceco” e Ugo Martinelli “Frugla”. Credo sia quindi doveroso ricordare gli albori di quell’esperienza di mutua collaborazione tra i cittadini indirizzata a migliorare le condizioni di vita e di lavoro della popolazione.

L’idea di istituire una “cooperativa del lavoro”  nacque tra un gruppo di muratori santilariesi,  come ricorda Pietro Bigi in un articolo pubblicato sul Gazzettino nel 1971 in occasione del 50° anniversario dell’incendio.

“L’idea della cooperazione santilariese era nata da un gruppo di muratori socialisti durante il periodo di emigrazione in Svizzera nel 1901; fra di essi i fratelli Tagliavini, Guberti, Faraboschi e tanti altri; presidente provvisorio fu designato Ciro Bosi.

I lavoratori sono impegnati nell’edificazione di un rustico all’interno delle proprietà del Conte Spalletti. Nella foto si riconoscono in piedi: Ermes Rosi “Verdon”, Gerolamo Palmia, Claudio Braglia “Blum”, Nello Reverberi, Bruno Reggiani “Nino”, Angelo Bianchini, Remo Rosi “Rondaneina”. Seduti: Renzo Rosi “Belo”, Teodosio Anghinolfi “Roncòn”, Bruno Anghinolfi, Orlando Boni.

La locale cooperativa del lavoro fu infatti fondata nel 1904. La maggior componente era la cantieristica edile, a cui si affiancavano varie altre specializzazioni. Vi erano i cementisti con il responsabile di reparto Guberti Umberto (padre di “Panet”), uomo colto, essendo emigrato a Zurigo ed avendovi frequentato le scuole, scriveva e leggeva alla perfezione il tedesco, parlava il  francese, ma la sua innata vocazione era la scultura in marmo; a testimonianza della sua personalità d’artista resta il cippo davanti al viale del nostro cimitero. Uno dei suoi migliori allievi fu Armando Salvatori, che studiando disegno divenne costruttore e progettista. Altri cementisti che ricordiamo sono: Alberto Tagliavini (nonno di Poma), Alberto Violi “Cibischi”,Giovanni Bettati e Adolfo Gualerzi.

Il reparto segheria era composto da Giovanni Terenziani (zio di “Speron”), Edmo Colla, Vezio Ghidotti, Carlo Caselli (chitarrista a tempo perso), Osvaldo Braglia ed il responsabile che non poteva essere che quel caro papà di Stisto, Primo Spaggiari.

Il reparto dei falegnami era uno dei più impegnati; gli ebanisti non mancavano: il classico Festino, Antonio Palmia (nonno di Elio), Agnelli (detto “Bersa”), Luigi Salvatori “Tirlon”, Ugo Boni; tra gli apprendisti Lebo Piagnoli (oggi anarchico), Otello Carletti, Umberto Iori, Giovanni Boni  (padre di Guerrino), il responsabile Alfredo Reverberi, morto in Francia come tanti altri cari santilariesi.

Altri singoli che ricordiamo: un magazziniere impeccabile Alberto Strozzi (zio di “Gerla”), un caporaletto tuttofare Guerrino Tagliavini “al Beeg”, il carrettiere ufficiale dei trasporti Ettore Melegari che per amore di professione a volte parlava con il cavallo, infine la mascotte Elio Mazzali (detto “Patòc”)”.

Questa cooperativa che accoglieva maestranze con professionalità diverse,  aveva trovato sede all’inizio di Via della Stazione, dove adesso sorge il condominio Pecchini (quello in cui c’è la gelateria K2, tanto per intenderci)  e che, come ricorda Livio Spaggiari sul Gazzettino: “ Aveva un nome assai lungo: si chiamava, infatti, “Cooperativa muratori, falegnami, cementori,  segantini, autotrasportatori ed affini”. Tanto lungo da farti venire il fiatone a dirlo tutto d’un colpo. Andava anche bene, si era imposta sul mercato, faceva un poco di tutto e bene”.

Sempre nei primissimi anni del ‘900 viene fondata anche la prima cooperativa di consumo nell’edificio posto su Via Roma che, come ricorda Livio Spaggiari sul Gazzettino, era di proprietà dei Conti Spalletti. Ci vollero ingenti sforzi economici da parte di quei primi cooperatori per riadattare l’edificio e farne la sede del negozio, dell’osteria e della casa del popolo.  I  lavori andavano a rilento e furono realizzati in diverse riprese nel corso di alcuni  anni, come ricorda Livio Spaggiari che vi ha avuto un ruolo di primo piano : “Sono stato lì dentro quel palazzone a scancherare per dieci anni, a tirar su e buttar giù muri per modernizzare e potenziare l’acquisto di “Coleta”, a galvanizzare i giovani per la costruzione del “Circolo” innalzando dei muri e facendo fare delle “gettate” gratis”.

Come primo presidente della cooperativa di consumo venne eletto Pietro Colla “Colèta” e, sebbene la nostra cooperativa fosse nata con diversi anni di ritardo rispetto ad altre dei  paesi limitrofi, grazie all’impegno dei soci e dei lavoratori si impose in breve tempo come una delle esperienze  più riuscite e innovative della zona, come testimoniato anche nel volume “Tutte le cooperative reggiane 1860-1996” uscito alcuni anni fa. “La cooperazione socialista sorge a S.Ilario abbastanza tardi rispetto alla provincia. Però la cooperativa di consumo, sorta solamente nel 1904, in pochi anni supererà tutte le altre della provincia come fatturato e assortimento di prodotti e diventerà un vero e proprio emporio dove accanto ai reparti alimentari ci saranno quelli della cappelleria, delle stoffe, chincaglieria, sartoria, calzoleria. Le cooperative dei calzolai e dei sarti trovano così un punto d’appoggio in quella di consumo”.

Nel corso degli anni S.Ilario assiste alla nascita di altre cooperative tra lavoratori, come quella dei Birocciai nel 1905, quella dei Braccianti del ’32, quella dei segantini e dei falegnami nel 1936 e ’37, oltre a  diverse latterie sociali cooperative sia in paese che nelle frazioni.

Nell’immagine, scattata dal fotografo Moretti, si vedono i contadini che servendosi delle scale posizionano il grano nella trebbiatrice per separarne i chicchi dalla paglia.

Ma già dagli anni 20 il fascismo mal tollerava queste “associazioni di elementi sovversivi” per cui, oltre alle azioni violente come l’incendio della cooperativa di consumo (di cui parleremo in specifico nel prossimo numero), si prodigò in tutti i modi,  con mezzi spesso non legali, per farle chiudere.  Sempre sul volume che racconta la storia della cooperazione reggiana leggiamo che “la Cooperativa muratori fondata nel 1904 si indebolisce e viene liquidata nel 1931. Nel 1932 si ricostituisce con la denominazione di Cooperativa Braccianti e alla presidenza è nominato Guglielmo Greci, già consigliere della precedente società. La nuova cooperativa vive momenti travagliati per scarsità di lavoro  fino a quando, nel 1937, si decide la sua trasformazione in Cooperativa Nazionale Manovali e Muratori estendendo l’attività dai lavori di bonifica e sterro a quelli dell’edilizia civile e del cemento armato. Presidente diventa Giuseppe Greci che continua la tradizione dei presidenti socialisti alla direzione della cooperativa, tant’è che l’ispettore di sicurezza  in una relazione indirizzata al capo della polizia scrive che gli elementi «antinazionali abbiano conquistato preponderanza di cariche in seno alle due cooperative locali» con riferimento anche a quella tra i Birocciai”.

Queste due ultime cooperative rimaste attive saranno poi costrette a chiudere i battenti negli ultimi anni della seconda guerra mondiale;  occorrerà aspettare il dopoguerra  affinché si riattivino e rifioriscano le società cooperative, anche sull’onda delle nuove idealità e delle speranze scaturite dalla Resistenza.

(Troverete questo ed altri racconti nel volume “Sant’Ilario com’era: Il lavoro, le botteghe e le industrie storiche” a cura di Giorgio Casamatti, disponibile presso la Tabaccheria di Boni Giovanni di Via Val d’Enza 12 a S.Ilario).

Mostra di più

Articoli Correlati