Il diario segreto di Gianfranco Ghidotti
Memorie di una vita ritrovate dopo la scomparsa del nostro amico Franco.
(di Giorgio Spaggiari)
Un anno fa, per la scomparsa di Gianfranco Ghidotti, su questo giornale scrissi un ricordo che si concludeva con le parole “Oggi ci lascia, ma non ci abbandona”: era una chiusa sentita, derivante dal profondo rapporto che avevo con lui, dalla condivisione di tante serate passate a lavorare insieme al Gazzettino, da comuni sensibilità umane e politiche, dalla consapevolezza che la sua assenza avrebbe ancor più testimoniato dell’importanza che la sua presenza sempre ebbe nella vita politica e sociale di Sant’Ilario. Non immaginavo certo che del fatto che “non ci abbandonasse” sarei stato chiamato a successiva e particolare conferma. Fui infatti contattato dai figli Liuba e Stefano, a distanza di poche ore dal funerale, e venni così a sapere da loro che negli ultimi anni di vita Franco (così lo chiamavamo tutti) aveva tenuto un diario, scritto sul suo computer, cosa di cui i figli non erano a conoscenza avendolo quindi scoperto dopo la sua morte.
Liuba e Stefano mi chiesero se ero disposto a leggere quel che Franco scrisse in quei vari file che componevano le sue memorie, per sapere cosa ne pensassi, per parlarne poi insieme. Ho ritrovato dunque Franco nelle sue parole scritte, non molto diverso da quell’amico che conoscevo, con i suoi valori di riferimento morali e civili, con gli inconfondibili tratti del suo carattere ma lì, in quelle parole, vi erano trasposte anche emozioni profonde del tutto personali e private. Leggere i ricordi e i pensieri di chi solo per sé stesso scriveva, non per altri se non i figli che ne leggessero in futuro, credo sia una responsabilità da gestire col dovuto pudore, con la necessaria delicatezza e con quel riserbo che impedisce di darne pubblicità spicciola.
Mentre scorrevo le oltre quattrocento pagine che costituivano il diario, mi chiedevo che cosa avesse spinto Franco, nella tarda età della vita, a scrivere le sue memorie. Scrisse Karen Blixen: “Tutti i dolori sono sopportabili se li si fa entrare in una storia, o se si può raccontare una storia su di essi”. Forse questa è la risposta: lo faceva per rendere più sopportabile la sua sofferenza.
Franco si trovò in una fase senile della propria vita nella quale progressivamente insorsero seri problemi di salute, suoi e della moglie e, inoltre, in pochi anni si concentrarono la costante assistenza poi la lontananza e infine la perdita della sua Renza e l’odissea della lunga e travagliata malattia di Stefano. Nel senso di solitudine che ineluttabilmente può derivare a tutti noi dal susseguirsi di situazioni tanto dolorose, egli, per conforto e per potersi sostenere in queste dure prove, si rifugiò nella propria storia scrivendola, restandovi aggrappato con la forza che poteva ancora avere, ricostruendo e ripercorrendo con attenzione e minuzia quella della propria famiglia (a cui era attaccatissimo) a partire dai nonni fino agli ultimi avvenimenti famigliari e quella delle sue tante esperienze sociali e lavorative. Tranne qualche riflessione in merito all’organizzazione del PD locale, poco presente è l’attualità politica: lui, così appassionato, ne scrive poco, perché il rifugio che cerca è altrove, negli affetti e negli anfratti dei ricordi più intimi, che lo accompagnarono e spero riuscirono almeno in parte a confortarlo nei suoi ultimi anni.
Quanto ho avuto modo di leggere, cara Liuba e caro Stefano, è un lascito importante che vostro padre vi ha trasmesso: di conoscenza, di insegnamento morale, di amore. Ha raccontato una storia che vi appartiene, ha voluto che nei ricordi che vi porterete nel tempo e nella vita lui restasse ancor più a lungo presente.
Le pagine del diario non sono datate e non sempre si riesce a individuare quando Franco le scrisse. Ma ve n’è una, una lettera, probabilmente tra gli ultimi scritti, il cui titolo è “Per Stefano e Liuba e alle loro famiglie” in cui egli si preoccupava che le sempre più precarie condizioni di salute sue e di Renza non arrivassero a pesare sulla vita dei figli, sia in termini di tempo che economici, dando addirittura qualche concreta e lucida proposta su come gestire il “dopo di loro”. Davvero commovente è un passaggio che qui riporto: “Io e la mamma stiamo diventando molto vecchi ed anche con una salute non certamente bella …è bene che incominciamo insieme a valutare le nostre condizioni per non trovarci all’improvviso davanti a situazioni difficilmente gestibili”. Sono parole che dicono tanto di lui.