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Il segno lasciato da don Franco a Sant’Ilario

Le opere, l’idea di una parrocchia inclusiva, l’offerta della sua amicizia e della sua testimonianza

di Guido Roncada

Nell’autunno del 1990 don Giancarlo Ruffini (don Franco) lascia la parrocchia di Santa Teresa in Reggio Emilia per quella di Santa Eulalia in Sant’Ilario d’Enza. Il Vescovo di allora mons. Paolo Gibertini volle solennizzare l’evento con una duplice cerimonia: una civile davanti al Municipio e una religiosa in Chiesa. Davanti al Municipio il Vescovo presentò all’Amministrazione Comunale i due nuovi sacerdoti che avrebbero svolto la loro missione a S.Ilario e in risposta il sindaco Ferrari diede loro il benvenuto. Dal Municipio in corteo il Vescovo, Don Franco, don Gabriele e il sindaco si recarono poi sul sagrato e in chiesa per la funzione religiosa e il relativo rito di presa di possesso della parrocchia.

Difficile ricordare i primi tempi di don Franco a S.Ilario senza rivolgere un pensiero a Gianna Teodori, la sua fedelissima e rispettosa perpetua. Lo aveva seguito dalla parrocchia di Santa Teresa e dopo anni insieme continuavano a darsi del lei, come si faceva allora: lui l’ha sempre chiamata “signorina”. Li accomunava una dote piacevolissima da scoprire nei momenti in cui colloquiavano e che rare persone posseggono: l’ironia!

Don Franco, nei suoi oltre vent’anni da parroco ha “fatto “, con l’aiuto e il consiglio di molti, tante opere. Ricordo il restauro della Canonica, il restauro delle proprietà parrocchiali su via Roma e in piazza IV Novembre, il nuovo teatro. La copertura della torre campanaria, l’elettrificazione delle campane con l’aggiunta di tre nuove campane. Ha restaurato l’organo e modificato profondamente gli spazi davanti alla canonica. Come non ricordare poi la sua attenzione per i luoghi sacri presenti sul territorio comunale raccolti in quella bella pubblicazione curata da ANTARTE intitolata “Luoghi del Sacro “?  Ha restaurato San Rocco, la Madonnina, l’immagine della madonna del Chiavicone, ha innalzato la bellissima maestà di san Francesco, cui ha contribuito l’artista Nani Tedeschi.

Dalla sua idea di parrocchia inclusiva è stata vissuta per anni in modo nuovo e diverso la festività di san Rocco. Una ricorrenza religiosa appartenente alla tradizione che lui ha voluto e saputo cambiare facendo sedere a tavola, ma anche collaborare in cucina, persone che per anni hanno avuto una diversa idea di paese. In sintonia con la Caritas diocesana ha istituito la Caritas parrocchiale “Madre Teresa”.

Don Franco si alzava prestissimo: preghiera, santa messa alle 6,30 e poi, almeno due giorni la settima si recava a far visita in Ospedale agli ammalati della sua parrocchia. Un saluto, una battuta, un sorriso, un arrivederci a casa. Una conoscenza, una proposta di amicizia che per molti è stata fino agli ultimi giorni della sua vita fonte di consolazione, sollievo nella solitudine, motivo di conforto e seme di speranza.

In tanti anni di servizio in farmacia mi è più volte capitato di raccogliere confidenze su di lui. La più comune e frequente era quella di qualche personaggio che voleva indovinassi chi aveva pranzato a casa sua il giorno precedente facendogli il “più bel regalo del mondo”. Naturalmente sapevo la risposta, ma son sempre caduto dalle nuvole. Don Franco è entrato in case dove un sacerdote era atteso da anni.

Cammini umani, che la storia di qualche decennio prima aveva separato anche in modo grave, sono stati ripresi ed hanno contribuito ad arricchire la vita di paese. L’arciprete, come loro lo chiamavano, ha cercato queste persone, desiderose di comunione fraterna e le ha trovate. Non ha chiesto loro di aderire ad una fede proponendo un cammino di conversione e di pratica cristiana. Ha offerto la sua compagnia, il suo sorriso, la sua ironia, la sua testimonianza.

Don Franco, montanaro di Castelnuovo, uomo di pace, umile sacerdote, chiedendo permesso e mettendosi in rispettoso ascolto si è seduto a tavola con tanti parrocchiani rendendoli orgogliosi del loro lontano Battesimo.

Ha offerto la sua amicizia portando la presenza della Chiesa a tutti coloro che gli hanno aperto la porta.

 

Il messaggio del Sindaco Marcello Moretti in occasione della scomparsa di don Franco

Sogniamo in grande nei desideri… e nell’amicizia… non prendere tutto, ma a sorsi, per lasciare che il cuore ricordi“.
In questa frase, con cui don Franco iniziava il biglietto che mi ha inviato a febbraio scorso, c’è tutta la sua profonda cultura e umanità.
Cultura significa infatti avere sete di conoscenza e di infinito, una tensione morale quotidiana da perseguire in comunità piuttosto che in solitudine.
E sapendo bene che la condizione umana non consente di raggiungere l’infinito,  anzi rischia spesso di confonderlo con la sua caricatura, che spinge le persone a consumare in modo compulsivo oggetti e relazioni in tempi sempre più brevi, mi invitava a godere della sua rappresentazione infinitesimale e perciò stesso confortante e comprensibile, che possa “durare” per sé stessi ed essere poi condivisa con gli altri.
Grazie a questa naturale sua propensione alla comunione don Franco ha rappresentato una figura di unità e di coesione per l’intera comunità santilariese, capace di portato il suo conforto a casa di tutti, a partire da chi probabilmente non aveva tra le sue priorità quella di frequentare il sagrato della chiesa.

La sua saggezza, sempre  venata di umorismo è stata la chiave per poter aprire l’animo delle persone più disparate e per costruire ponti, assolvendo con umiltà e dedizione tutti i compiti che via via gli sono stati assegnati.
A nome della cittadinanza e mio personale quindi desidero esprimere vicinanza e cordoglio ai familiari e condividere con tutta la comunità questo momento di tristezza, ringraziando di cuore don Franco per l’amicizia ed il conforto costante che ha voluto concedermi, durante il cammino percorso assieme.

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